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Al mio papà
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A papà - dialetto napoletano
Papà, te voglio bbene
ma proprio bbene aasaje,
nu bbene accussì gruosso
ca nun fernesce maje.
Si 'e vvote faccio 'o triste
arrassumiglie a te'.
Si tiene assaje penziere
nun te ne''ncaricà
astregneme forte 'mpietto
te sacce cunzulà.
Sempe vicino a tè
stò figlio tuoio vo' stà
Mammà, pe' mmè è 'a reggina
... ma 'o rè, sì tù Papà!
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Un messaggio per papà!
Sempre teso e preoccupato,
qualche volta un pò arrabbiato,
tempo libero non hai
e non stiamo insieme mai;
poi la sera tu sei stanco,
posso solo starti accanto
e abbracciarti stretto stretto
sul divano o nel tuo letto!
Io con te vorrei giocare
ma tu hai sempre da fare;
dai,su,fermati papà,
lascia tutto e vieni qua!
Senti il tuo telefonino:
chi ti chiama è il tuo bambino,
il messaggio del mio cuore
è:"Tu sei il papà migliore!"
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Papà
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Al papà - da “Raccogli idee” ed.Tresei scuola
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'O faro
Se dinto o' core tuo
io putesse trasì
truvarria certamente
o' bene ca dico io.
Nu bbene appassiunato
ca nun se vede da fora,
chillo me fa sentì
sicuro e forte ancòra.
Oggi che è a festa toia
te voglio dì papà:
chello ca 'mpietto palpita
te pote cunsulà.
Tu brill nmiezzo a o' mare
e io son a varchetella
ca s'adda arreparà.
Riest alluminato sempre
faro da vita mia.
Sulo accussì sto core
a via non perdarrà.
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Festa della donna
Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell'arcobaleno. (Denis Diderot)
La Giornata Internazionale della Donna (o Festa della Donna), celebrata l'8 marzo di ogni anno, ha l'obiettivo di mantenere vive la memoria storica sulle conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, da un parte, e la lotta contro le discriminazioni, le violenze subite dal sesso femminile, dall'altra.
Storia
Oltre 20 mila camiciaie newyorkesi, dal 22 novembre 1908 al 15 febbraio 1909, sostennero un lungo sciopero per i diritti delle donne.
Questa manifestazione indusse delegate socialiste americane a proporre, durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste (Copenaghen, 26-27 agosto 1910), l'istituzione di una giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
Da allora, negli USA, la giornata delle donne venne celebrata l'ultima domenica del mese di febbraio.
In Europa, invece, si "festeggiò" la prima volta il 19 marzo 1911. Secondo Aleksandra Kollontaj, la data fu scelta perché, in Germania, «il 19 marzo 1848, durante la rivoluzione, il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne».
In Russia (San Pietroburgo), la prima volta, si celebrò il 3 marzo 1913.
In Germania l'8 marzo 1914 («settimana rossa» di agitazioni, proclamata dai socialisti tedeschi).
In Francia, organizzata dal Partito socialista a Parigi, il 9 marzo 1914.
Durante la Prima Guerra mondiale la ricorrenza venne interrotta, fino a quando l'8 marzo 1917, a San Pietroburgo, le donne della capitale organizzarono una grande manifestazione per la fine della guerra.
Il successo dell'evento incoraggiò altre proteste di piazza fino al crollo dello zarismo.
Da allora, l'8 marzo 1917 è entrato nella storia come l'inizio della «Rivoluzione russa di febbraio» (l'8 marzo corrispondeva al 23 febbraio nel calendario giuliano).
Nacque così l'idea di istituire un giorno comune per tutti i paesi. La decisione venne presa durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste (14 giugno 1921) a Mosca: 8 marzo per la Giornata internazionale dell'operaia.
In Italia la manifestazione si tenne la prima volta nel 1922 grazie al Partito comunista, ma il 12 marzo, la domenica successiva. Una festa dal sapore politico, associata a Russia e comunisti, che la portarono a una momentanea perdita di memoria con la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni successivi tornò in auge, insieme alle leggende urbane.
Ecco con quali parole Francesco Crispi, Presidente del Consiglio dal 1887 al 1896, si oppose alla proposta di concedere il voto alle donne italiane.
La donna è regina dei cuori finché resta estranea alle lotte politiche, ma se la spingerete nella politica non sarà più il tesoro della famiglia, non potrà più provvedere alle necessità del marito e dei figli, né assisterli. Se voi, o signori, fate entrare la donna nella politica, essa non sarà più l’angelo consolatore della famiglia.
Leggenda
Secondo ricostruzioni fantastiche, nel 1908 le donne della “Common” una fabbrica di camicie a New York, scioperavano da giorni per le condizioni di lavoro disumane e, in quel giorno, il proprietario le chiuse all'interno del fabbricato, finché le operaie morirono in un rogo. Tragedia in realtà mai avvenuta e confusa con quella veramente accaduta il 25 marzo 1911, sempre a New York, nella fabbrica Triangle, nota azienda di camicette, che vide 146 vittime tra i lavoratori.
E la mimosa?
Il fiore dai rametti gialli è il simbolo della Festa della Donna in quanto la sua fioritura avviene proprio nei primi di marzo. E dunque, quale periodo migliore per festeggiare la splendente femminilità, se non a un passo dalla primavera, stagione di rinascita e frutti rigogliosi della terra?
Fonte: postpopuli.it
digilander.libero.it
wikipedia.org
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Il mio papà bambino - Santina Luzzi
Indovinate chi ce l’ha
il più bravo dei papà?
Sono stato fortunato
sin da quando sono nato:
il più fantastico che c’è
è toccato proprio a me!
Ti ringrazio mio Gesù
perché me l’hai dato Tu.
Quando lui mi è vicino
torna ad essere bambino
per giocare insieme a me
e capire i miei perché.
Io gli chiedo di giocare
e lui è lì ad ascoltare
detto fatto, in un baleno,
lui cavallo, io cavaliere!
Per il mondo galoppiamo
monti e valli attraversiamo…
Se siam stanchi di giocare
cominciamo a “favolare”
tante storie inventiamo,
insieme noi ci divertiamo.
Questo è mio papà-bambino
che mi è sempre vicino.
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O Papà
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A te, caro papà
Dai, fermati, vieni qua
ti voglio parlare, caro papà.
Mille cose hai da sbrigar
ma il tuo bambino dovrai ascoltar.
Sei per me la stella più luminosa
che illumina la vita e la rende preziosa.
Sei veramente forte e coraggioso,
sai essere dolce e premuroso.
Ogni giorno mi infondi tanta serenità
fra le tue braccia provo un mare di felicità.
Vorrei stare accanto a te tutte le ore,
ancora di più... per manifestarti tutto il mio amore.
Oggi voglio aprirti il mio cuore
e in questo abbraccio comunicarti il mio calore.
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Vorrei essere come te - A. M. Parisi
Spesso mi ritrovo a sognare
che, come te, vorrei diventare:
grande, bello, coraggioso,
intelligente e operoso.
- Dimmi babbo che posso fare
perchè presto si possa avverare?
- Sorridi, gioca e vivi la tua età
in armonia e con serenità.
Una sola cosa devi ricordare:
la vita è bella quando c'è l'amore!
Per crescere c'è tempo, bimbo mio.
Credimi, vorrei esser piccolo anch'io!
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Il principe - M. Moschini
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Una gita - F. Cardenti
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Un regalo per papà
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Equinozio di Primavera
LA FESTA DI PRIMAVERA
La festa di Primavera è una ricorrenza presente in tutti i calendari del mondo e sembra essere fra le più antiche celebrazioni dell’umanità.
In ogni epoca, cultura e popolazione queste celebrazioni sono legate a una diversa leggenda che ne spiega il senso all'interno del mondo di significati religiosi propri dei festeggianti.
Pur essendo i popoli che la celebrano molto diversi e spesso lontanissimi nel tempo e nello spazio i festeggiamenti hanno sempre caratteristiche, simboli e significati in comune ai quali si aggiungono poi, simboli e riti particolari del luogo, l’epoca o la religione.
Con il termine generico di "festa di Primavera" s’intendono tutte le celebrazioni legate all'equinozio primaverile, e cioè alla stagione del risveglio della Natura e del raccolto. Le celebrazioni in questione fanno sempre riferimento, nella loro simbologia, a questo momento astrologico ritenuto molto speciale e importante.
La parola "equinozio" deriva dal latino e significa "notte uguale" (al dì). La definizione puramente teorica, riguardante la durata del giorno, si basa sull'intervallo di tempo compreso fra due intersezioni temporalmente consecutive del centro apparente del disco solare con l'orizzonte del luogo geografico. Usando questa definizione la lunghezza del giorno risulterebbe di 12 ore, eguagliando così la notte. In realtà a causa degli effetti di rifrazione atmosferica, il semidiametro e la parallasse solare fanno sì che negli equinozi la lunghezza del giorno ecceda quella della notte. Agli equinozi, in teoria, il Sole dovrebbe sorgere quasi esattamente ad est e tramontare nettamente ad ovest, ma in realtà ciò non avvenire, in quanto per definizione l'equinozio è un preciso istante che quindi può, al massimo, coincidere con uno dei due eventi, ma non prodursi due volte nell'arco di 12 ore.
Gli equinozi possono essere considerati anche come punti nel cielo. Il punto dell'equinozio di primavera dell'emisfero settentrionale è anche chiamato punto vernale, punto dell'Ariete o
punto gamma (γ). Tuttavia, a causa della precessione degli equinozi, questi punti non si trovano più nella costellazione da cui prendono il nome. L'istante nel quale il Sole passa attraverso ogni punto di equinozio può essere calcolato accuratamente, così l'equinozio è sempre e solo un particolare istante, piuttosto che un giorno intero.
Se l’Equinozio d’autunno segna l’inizio della metà oscura dell’anno e quello di primavera l’esatto opposto: è l’inizio della metà luminosa, quando le ore di luce superano le ore di buio. E’ il primo giorno della primavera, la stagione della rinascita, associata presso varie culture a concetti come fertilità, resurrezione, inizio.
La storia è piena di tradizioni e miti legati alla primavera e molti di questi si basano sul concetto di sacrificio e successiva rinascita.
LE ADONIE
Dopo l'Equinozio, si svolgevano nel mondo ellenico le Adonìe, le feste che ricordavano la resurrezione di Adone, bellissimo giovane amato da Afrodite. Nella sua infanzia la dea lo nascose in una cassa che consegnò a Persefone, regina del mondo sotterraneo; ma quando Persefone aprì la cassa e vide la bellezza del bambino, si rifiutò di renderla ad Afrodite, malgrado la dea in persona fosse scesa agli Inferi. La disputa fu placata da Zeus, il quale stabilì che Adone abitasse con Persefone nel mondo delle tenebre per una parte dell'anno e, per l'altra, nel mondo superiore. Il giovane venne poi ucciso per gelosia da Ares trasformato in cinghiale. Questa festa ricalcava quella assiro-babilonese nella quale la figura di Adone era rimpiazzata dal Dio Tammuz a cui i fedeli si rivolgevano chiamandolo "Adon" (Signore). Egli dimorava sei mesi all'anno negli inferi, come il sole quando si trova al di sotto dell'equatore celeste (autunno e inverno). Si festeggiava a primavera la sua risalita alla luce quando si ricongiungeva alla dea Ishtar, l'equivalente dell'Afrodite greca. Allo stesso modo si festeggiava Persefone che ritorna nel mondo dopo aver trascorso sei mesi nel regno dei morti. Tutti questi miti ci mostrano l'unione di un simbolismo celeste (il cammino del sole nel cielo) e un simbolismo terrestre (il risveglio della Natura) in cui riecheggia il tema del matrimonio fra una divinità maschile, celeste o solare, ed una femminile, legata alla terra o alla luna. La primavera era infatti la stagione degli accoppiamenti rituali, delle nozze sacre in cui il Dio e la Dea (personificati spesso da un sacerdote e da una sacerdotessa) si accoppiavano per propiziare la fertilità. Venivano accesi dei fuochi rituali sulle colline e, secondo la tradizione, che peraltro è rimasta ancora oggi nel folklore europeo, più a lungo rimanevano accesi, più fruttifera sarebbe stata la terra.
Come molte delle antiche festività pagane, anche l’Equinozio di Primavera fu cristianizzato: la prima domenica dopo la prima luna piena che segue l’Equinozio (data fissata nel IV°secolo D.C.), i cristiani celebrano la Pasqua. Se traduciano la parola Pasqua in inglese essa si trasforma in Easter. Essa riporta ad un'antica divinità pagana dei popoli nordici, la Dea Eostre (o Ostara, “la stella dell’est” cioè Venere), assimilabile a Venere, Afrodite e Ishtar, la quale presiedeva ad antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e alla fertilità dei campi.
Secondo quanto si racconta si tratta di una dea teutonica associata ai fiori e la primavera, e dal suo nome provengono sia il nome «Easter» (Primavera o Pasqua in inglese), sia il nome di Ostara.
Eostre compare nella letteratura europea per la prima volta circa milletrecento anni fa, nel «De temporum Ratione» di Beda il Venerabile, che a proposito del mese di aprile scrive quanto segue:
"Eosturmonath (nome del mese di aprile in Gran Bretagna) ha un nome che è ora tradotto «mese pasquale», e che una volta era usato in onore di una dea dal nome di Eostre, che era celebrata durante questo mese."
Ancora Beda spiega la natura di questa dea riconducendo l’etimologia del suo nome al termine aus o aes, che significa Est, luogo dal quale nasce il sole. Per questo motivo, secondo lo studioso, Eostre è una divinità portatrice di fertilità e legata alla nascita e appunto all’Est. Dal nome della dea si fa risalire anche il termine usato per definire l’equinozio di Primavera, chiamato dai popoli celti prima «Eostur-Monath» e successivamente «Ostara».
Il legame fra Eostre e la primavera è confermato dai termini «Oster» cioè pasqua in tedesco, ed «Easter», termine anglosassone che indica sia la pasqua che la primavera. Le uova, prima di serpente e poi di gallina, venivano decorate e successivamente donate come simbolo di fertilità.
Sempre secondo il Venerabile Beda, Eostre era la versione Sassone della dea germanica Ostara. La sua celebrazione si svolgeva durante la prima luna piena dopo l’equinozio di primavera - lo stesso calcolo usato per la Pasqua cristiana in Occidente.
Dopo il «De temporum Ratione», non si parlò più di Eostre ed Ostara fino al 1800 quando i fratelli Grimm dichiararono d’aver trovato le prove dell’esistenza di Eostre nelle tradizioni orali della Germania.
Una di queste leggende popolari riguarda il «Coniglio Pasquale» (Easter bunny), un simbolo molto popolare in Inghilterra e in Germania. Secondo la leggenda, verso la fine dell’inverno, la dea Eostre trovò un uccello ferito a terra mentre passeggiava nel bosco. Compassionevole nei confronti della piccola creatura, la dea decise di trasformarlo in una lepre in modo tale che potesse superare il resto dell’inverno e trovare un rifugio. La trasformazione non fu però completa. Pur avendo preso l’aspetto di una lepre, l’uccellino mantenne la capacità di deporre le uova da lasciare in dono ad Eostre come ringraziamento per aver avuto salva la vita.
I Britannici associavano la lepre alle divinità della luna e della caccia e i Celti la consideravano un animale divinatorio. In molte culture, da quella cinese a quella indiana o africana, campeggia l'immagine della lepre impressa nella Luna. Nella tradizione buddhista le leggende narrano di come una lepre si sacrificasse per nutrire il Buddha affamato, balzando nel fuoco. In segno di gratitudine il Buddha impresse l'immagine dell'animale sulla luna. In Cina la lepre lunare ha un pestello ed un mortaio con cui prepara un elisir di immortalità. Gli Indiani Algonchini adoravano la Grande Lepre che si diceva avesse creato la Terra. Nell'antica Europa i Norvegesi rappresentavano le Divinità lunari accompagnate da una processione di lepri che portano lanterne. Anche la Dea Freya aveva come inservienti delle lepri e la stessa Dea Eostre era raffigurata con una testa di lepre. La lepre di Eostre, che deponeva l'uovo della nuova vita per annunciare la rinascita dell'anno, è diventata l'odierno coniglio di Pasqua che porta in dono le uova, altro simbolo di fertilità.
Anche le uova pasquali si ricollegano alle tradizioni pagane in cui si celebrava il ritorno della dea andando a scambiarsi uova “sacre” sotto l’albero ritenuto “magico” del villaggio, usanza che collega Eostre alle divinità arboree della fertilità.
E l'uovo non è scelto a caso ma è da sempre simbolo di vita, di creazione, di rinascita.
Per il primitivo raccoglitore e cacciatore la primavera portava gli uccelli a deporre le proprie uova e dunque ad avere un nuovo sostentamento dopo l’austerità dell’inverno.
E la nascita del mondo da un uovo cosmico è un'idea universalmente diffusa che veniva celebrata presso molte civiltà alla festa equinoziale di primavera, quando la natura risorge.
Infatti in numerose mitologie un uovo primordiale, embrione e germe di vita, è il primo essere ad emergere dal Caos: è l'"Uovo del mondo" covato da una Grande Dea e dischiuso dal Dio Sole. Un mito dell'India narra che nella notte dei tempi tutto era immerso nelle tenebre e sepolto in un sonno profondo. L'Assoluto volle creare il cosmo dalla propria sostanza, così creò le acque e vi depose a galleggiare un uovo splendente il quale generò al proprio interno Brahma, il Creatore, che divise poi l'uovo stesso in due parti, formando la terra e il cielo.
La pianta sacra dell’Equinozio di Primavera è il trifoglio. Pianta simbolo dell’Irlanda, della quale si dice che San Patrizio, evangelizzatore dell’Isola se se usasse per spiegare la Trinità cristiana (la festa di San Patrizio ricorre il 17 marzo, in prossimità dell’equinozio). In realtà si tratta di una tradizione tarda risalente al 180 secolo e il trifoglio non era altro che la triskele, la ruota solare a quattro bracci, mentre la varietà a quattro foglie rappresentava la croce celtica, la ruota solare, il cerchio magico delle quattro direzioni: tutti simboli molto più antichi del Cristianesimo.
mariapaolavannucchi.xoom.it
cronacheesoteriche.com
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Vedere le stelle...
CieloBuio
Coordinamento per la protezione del cielo notturno è un'associazione senza fini di lucro che opera in Italia per la tutela del cielo e dell'ambiente notturno promuovendo la cultura di un'illuminazione eco-compatibile e sensibilizzando l'opinione pubblica sul fenomeno dell'inquinamento luminoso.
Nella sua lotta contro l'inquinamento luminoso, CieloBuio ha come riferimento e modello da sostenere e promuovere la legge della regione Lombardia n. 17/2000, in tutte le sue forme ed estensioni. Tale legge si basa sul criterio dello "zero inquinamento", in base al quale, salvo poche e ben determinate eccezioni, nessun corpo illuminante può inviare luce al di sopra del piano dell'orizzonte.
CieloBuio opera in stretta collaborazione con la sezione italiana dell'International Dark-Sky Association e varie organizzazioni scientifiche allo scopo di promuovere una legge per la tutela dell'ambiente notturno che sia valida su tutto il territorio italiano.
Earth Hour è un evento internazionale che ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione sulla necessità di intervenire contro il riscaldamento globale mediante un gesto semplice ma concreto: spegnere la luce per un'ora nel giorno stabilito. Il risparmio energetico ha come effetto minori emissioni di anidride carbonica, il principale dei "gas serra". L'evento è anche mirato a ridurre l'inquinamento luminoso e nel 2008 è coinciso con l'inizio della National Dark Sky Week (settimana nazionale del cielo buio) negli Stati Uniti.
Nel 2016 l'Ora della Terra si svolgerà il 19 marzo dalle 20:30 alle 21:30 un'ora di luci spente per accendere il cambiamento...per tutte le informazioni e gli eventi ecco il link
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LUNA E GNAC - Italo Calvino
Dal romanzo "Marcovaldo" di Italo Calvino.
La notte durava venti secondi, e venti secondi il GNAC. Per venti secondi si vedeva il cielo azzurro variegato di nuvole nere, la falce della Luna crescente dorata, sottolineata da un impalpabile alone, e poi le stelle che più le si guardava più infittivano la loro pungente piccolezza, fino allo spolverio della Via Lattea, tutto questo scritto in fretta in fretta, ogni particolare su cui ci si fermava era qualcosa dell’insieme che si perdeva, perché i venti secondi finivano subito e cominciava il GNAC.
Il GNAC era una parte della scritta pubblicitaria SPAAK-COGNAC sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. La Luna improvvisamente sbiadiva e il cielo diventava uniformemente nero e piatto, le stelle perdevano il brillio, e i gatti e le gatte che da dieci secondi lanciavano gnaulii d’amore muovendosi languidi uno incontro all’altro lungo le grondaie e le cimase, ora, col GNAC, s’acquattavano sulle tegole a pelo ritto, nella fosforescente luce al neon.
Affacciata alla mansarda in cui abitava, la famiglia di Marcovaldo era attraversata da opposte correnti di pensieri. C’era la notte e Isolina, che ormai era una ragazza grande, si sentiva trasportata per il chiar di Luna, il cuore le si struggeva, e fino il più smorzato gracchiar di radio dai piani inferiori dello stabile le arrivava come i rintocchi di una serenata; c’era il GNAC e quella radio pareva pigliare un altro ritmo, un ritmo jazz, e Isolina pensava ai dancing tutti luci e lei poverina lassù sola.
Pietruccio e Michelino sgranavano gli occhi nella notte e si lasciavano invadere da una calda e soffice paura d’esser circondati di foreste piene di briganti; poi, il GNAC! e scattavano coi pollici e gli indici tesi, l’uno contro l’altro: – Alto le mani! Sono Nembo Kid! –
Domitilla, la madre, a ogni spegnersi della notte pensava: “Ora i ragazzi bisogna ritirarli, quest’aria può far male. E Isolina affacciata a quest’ora è una cosa che non va!” Ma tutto poi era di nuovo luminoso, elettrico, fuori come dentro, e Domitilla si sentiva come in visita in una casa di riguardo.
Fiordaligi, invece, giovinotto malinconico, vedeva ogni volta che si spegneva il GNAC apparire dentro la voluta del “gi” la finestra appena illuminata d’un abbaino, e dietro il vetro un viso di ragazza color di Luna, color di neon, color di luce nella notte, una bocca ancor quasi da bambina che appena lui le sorrideva si schiudeva impercettibilmente e già pareva aprirsi in un sorriso, quando tutt’un tratto dal buio risaettava fuori quello spietato “gi” del GNAC e il viso perdeva i contorni, si trasformava in una fiocca ombra chiara, e della bocca bambina non si sapeva più se aveva risposto al suo sorriso.
In mezzo a questa tempesta di passioni, Marcovaldo cercava d’insegnare ai figlioli la posizione dei corpi celesti.
– Quello è il Gran Carro, uno due tre quattro e lì il timone, quello è il Piccolo Carro, e la Stella Polare segna il Nord.
– E quell’altra, cosa segna?
– Quella segna “ci”. Ma non c’entra con le stelle. È l’ultima lettera della parola COGNAC. Le stelle invece segnano i punti cardinali. Nord Sud Est Ovest. La Luna ha la gobba a ovest. Gobba a ponente, Luna crescente. Gobba a levante, Luna calante.
– Papà, allora il cognac è calante? La ci ha la gobba a levante!
– Non c’entra, crescente o calante: è una scritta messa lì dalla Spaak.
– E la Luna che ditta l’ha messa?
– La Luna non l’ha messa una ditta. È un satellite, e c’è sempre.
– Se c’è sempre, perché cambia di gobba?
– Sono i quarti. Se ne vede solo un pezzo.
– Anche di COGNAC se ne vede solo un pezzo.
– Perché c’è il tetto del palazzo Pierbernardi che è più alto.
– Più alto della Luna?
E così, ad ogni accendersi del GNAC, gli astri di Marcovaldo andavano a confondersi coi commerci terrestri, ed Isolina trasformava un sospiro nell’ansimare d’un mambo canticchiato, e la ragazza dell’abbaino scompariva in quell’anello abbagliante e freddo, nascondendo la sua risposta al bacio che Fiordaligi aveva finalmente avuto il coraggio di mandarle sulla punta delle dita, e Filippetto e Michelino coi pugni davanti al viso giocavano al mitragliamento aereo, – Ta- ta- ta- tà… – contro la scritta luminosa, che dopo i venti secondi si spegneva.
– Ta-ta-tà... Hai visto, papà, che l’ho spenta con una sola raffica ? – disse Filippetto, ma già, fuori della luce al neon, il suo fanatismo guerriero era svanito e gli occhi gli si riempivano di sonno.
– Magari ! – scappò detto al padre, – andasse in pezzi! Vi farei vedere il Leone, i Gemelli…
– Il Leone! – Michelino fu preso d’entusiasmo. – Aspetta! – Gli era venuta un’idea. Prese la fionda, la caricò del ghiaino di cui sempre aveva in tasca una riserva, e tirò una sventagliata di sassolini con tutte le forze contro il “GNAC”.
Si sentì la gragnuola cadere sparpagliata sulle tegole del tetto di fronte, sulle lamiere della gronda, il tintinnio dei vetri d’una finestra colpita, il gong d’un sassolino picchiato giù sulla scodella d’un fanale, una voce in strada. Ma la scritta luminosa proprio sul momento del tiro s’era spenta per la fine dei suoi venti secondi.
E tutti nella mansarda presero mentalmente a contare: uno due tre, dieci undici, fino a venti. Contarono diciannove, tirarono il respiro, contarono venti, contarono ventuno ventidue nel timore d’aver contato troppo in fretta, ma no, nulla, “GNAC” non si riaccendeva, restava un nero ghirigoro male decifrabile intrecciato al suo castello di sostegno come la vite alla pergola.
– Aaah! – gridarono tutti e la cappa del cielo s’alzò infinitamente stellata su di loro.
Marcovaldo, interrotto a mano alzata nello scapaccione che voleva dare a Michelino, si sentì come proiettato nello spazio. Il buio che ora regnava all'altezza dei tetti faceva come una barriera oscura che escludeva laggiù il mondo dove continuavano a vorticare geroglifici gialli, verdi e rossi, e ammiccanti occhi di semafori, e il luminoso navigare dei tram vuoti, e le auto invisibili che spingono davanti a sé il cono di luce dei fanali. Da questo mondo non saliva lassù che una diffusa fosforescenza, vaga come un fumo. E ad alzare lo sguardo non più abbarbagliato, s’apriva la prospettiva degli spazi, le costellazioni si dilatavano in profondità, il firmamento ruotava per ogni dove , sfera che contiene tutto e non la contiene nessun limite, e solo uno sfittare della sua trama, come una breccia, apriva verso Venere , per farla risaltare sola sopra la cornice della terra, con la sua ferma trafittura di luce esplosa e concentrata in un punto.
Sospesa in questo cielo, la Luna nuova anziché ostentare l’astratta apparenza di mezza Luna rivelava la sua natura di sfera opaca illuminata intorno dagli sbiechi raggi d’un sole perduto dalla terra, ma che pur conserva – come può vedersi solo in certe notti di prima estate – il suo caldo colore.
E Marcovaldo a guardare quella stretta riva di Luna tagliata là tra ombra e luce, provava una nostalgia come di raggiungere una spiaggia rimasta miracolosamente soleggiata nella notte. Così restavano affacciati alla mansarda, i bambini spaventati dalle smisurate conseguenze del loro gesto, Isolina rapita come in estasi, Fiordaligi che unico tra tutti scorgeva il fioco abbaino illuminato e finalmente il sorriso Lunare della ragazza.
La mamma si riscosse: – Su, su, è notte, cosa fate affaticati? Vi prenderete un malanno, sotto questo chiaro di Luna! Michelino puntò la fionda in alto. – E io spengo la Luna! – Fu acciuffato e messo a letto.
Così per il resto di quella e per tutta la notte dopo, la scritta luminosa sul tetto di fronte diceva solo “SPAAK-CO” e della mansarda di Marcovaldo si vedeva il firmamento. Fiordaligi e la ragazza Lunare si mandavano baci sulle dita, e forse parlandosi alla muta sarebbero riusciti a fissare un appuntamento.
Ma la mattina del secondo giorno, sul tetto, tra i castelli della scritta luminosa si stagliavano esili esili le figure di due elettricisti in tuta, che verificarono i tubi e i fili. Con l’aria dei vecchi che prevedono il tempo che farà, Marcovaldo mise il naso fuori e disse:
– Stanotte sarà di nuovo una notte di “GNAC”.
Qualcuno bussava alla mansarda. Aprirono. Era un signore con gli occhiali. – Scusino, potrei dare un’occhiata dalla loro finestra? Grazie, – e si presentò: – Dottor Godifredo, agente di pubblicità luminosa.
“Siamo rovinati! Ci vogliono far pagare i danni!” pensò Marcovaldo e già si mangiava i figli con gli occhi, dimentico dei suoi rapimenti astronomici. “Ora guarda alla finestra e capisce che i sassi non possono essere stati tirati che di qua”. Tentò di mettere le mani avanti: – Sa, son ragazzi, tirano così, ai passeri, pietruzze non so come mai è andata a guastarsi quella scritta della Spaak. Ma li ho castigati, eh, se li ho castigati! E può star sicuro che non si ripeterà più.
Il dottor Godifredo fece una faccia attenta.
– Veramente io lavoro per la “Cognac Tomawak”, non per la “Spaak”. Ero venuto per studiare la possibilità di una rèclame luminosa su questo tetto. Ma mi dica, mi dica lo stesso, m’interessa.
Fu così che Marcovaldo, mezz’ora dopo, concludeva un contratto con la “Cognac Tomawak”, la principale concorrente della “Spaak”. I bambini dovevano tirare con la fionda contro il GNAC ogni volta che al scritta veniva riattivata.
– Dovrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso – disse il dottore Godifredo.
Non si sbagliava: già sull'orlo della bancarotta per le forti spese di pubblicità sostenute, la “Spaak” vide i continui guasti alla sua più bella rèclame luminosa come un cattivo auspicio.
La scritta che ora diceva COGAC ora CONAC ora CONC diffondeva tra i creditori l’idea di un dissesto; a un certo punto l’agenzia pubblicitaria si rifiutò di fare altre riparazioni se non le venivano pagati gli arretrati; la scritta spenta fece crescere l’allarme tra i creditori; la “Spaak” fallì.
Nel cielo di Marcovaldo la Luna piena tondeggiava in tutto il suo splendore. Era l’ultimo quarto, quando gli elettricisti tornarono a rampare sul tetto di fronte. E quella notte a caratteri di fuoco, caratteri alti e spessi il doppio di prima, si leggeva COGNAC TOMAWAK, COGNAC TOMAWAK, COGNAC TOMAWAK che s’accendeva e si spegneva ogni due secondi. Il più colpito di tutti fu Fiordaligi; l’abbaino della ragazza Lunare era sparito dietro un enorme, impenetrabile “vu” doppia.
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Origini festa della mamma
Le origini
La festa della mamma è una ricorrenza diffusa in tutto il mondo.
Le sue origini sembrano essere legate alle antiche popolazioni politeiste che, nel periodo primaverile, celebravano le divinità femminili legate alla terra e alla sua ritrovata fertilità.
Nell’antica Grecia gli Elleni dedicavano alla loro genitrice un giorno dell’anno: la festa coincideva con le celebrazioni in onore della dea Rea, la madre di tutti gli Dei.
Gli antichi romani, invece, intitolavano una settimana intera la divinità Cibele, simbolo della Natura e di tutte le madri.
La festa in epoca moderna
In epoca moderna la festa della mamma è stata interpretata e festeggiata in modi diversi a seconda della regione o dello Stato di riferimento. Tutte le tradizioni però hanno messo e mettono tuttora al centro la mamma e il suo ruolo all’interno della famiglia.
REGNO UNITO
In Inghilterra le celebrazioni legate alla festa della mamma risalgono al XVII secolo. Originariamente il “Mother’s Day” non era inteso come un’occasione per festeggiare la propria madre con fiori o regali, ma assumeva un significato completamente diverso.
La festività, chiamata "Mothering Sunday", coincideva con la quarta domenica di quaresima. In quell’occasione, tutti i bambini che vivevano lontano dalle loro famiglie, chi per imparare un mestiere e chi perché costretto a fare il servo per guadagnarsi da vivere, potevano ritornare a casa per un giorno.
A poco a poco si è diffusa la tradizione di riunirsi a metà del periodo di quaresima per festeggiare la propria famiglia e soprattutto la mamma, considerata un elemento fondamentale dell’unione tra consanguinei. I ragazzi che facevano visita alle loro famiglie portavano alle mamme fiori o altro genere di regali.
La tradizione del "Mothering Sunday" sopravvive ancora oggi in Inghilterra, dove è più comunemente conosciuta come “Mother’s Day” (Festa della mamma).
STATI UNITI D’AMERICA
A differenza dell’Inghilterra, negli Stati Uniti il "Mothering Sunday" non ebbe successo, dal momento che la popolazione era restia alle tradizioni popolari. Per questo motivo la festa della mamma si diffuse negli Stati Uniti come una festività legata ai movimenti sociali che chiedevano il suffragio alle donne e predicavano la pace.
Nel maggio 1870, negli Stati Uniti, Julia Ward Howe, attivista pacifista e promotrice dell’abolizione della schiavitù, propose l'istituzione del Mother's Day: un’occasione in più per riflettere sull’inutilità della guerra a favore di una pace duratura.
Altro nome legato all’origine della festività è quello di Anna M. Jarvis, che si batté per l’istruzione di una festa in onore di tutte le vittime della Guerra Civile americana. Dopo la morte della madre, alla quale era molto legata, Anna cominciò a inviare lettere a diversi ministri e membri del congresso, affinché venisse istituita una festa nazionale dedicata a tutte le mamme. L’obiettivo di Anna era quello di fare in modo che tutti celebrassero la loro madre, mentre questa era ancora in vita. Anna riuscì nel suo intento e nel maggio del 1908, a Grafton nel Massachusetts, venne celebrata la prima festa della mamma. L’anno seguente fu la volta di Filadelfia. La Jarvis scelse, come simbolo di questa nuova festa, il garofano: il fiore preferito dalla sua defunta madre.
Nel 1914 l’allora presidente degli Stati Uniti d’America Woodrow Wilson, per dimostrare profondo rispetto nei confronti di tutte le mamme, con una delibera del Congresso, istituì il “Mother's Day”. Non venne stabilita una data fissa sul calendario ma, per convenzione, si decise di celebrare tutte le mamme americane la seconda domenica di maggio.
ITALIA
In Italia la festa della mamma fu festeggiata per la prima volta nel 1957 da don Otello Migliosi, un sacerdote del borgo di Tordibetto ad Assisi. Successivamente la festa è entrata a far parte del nostro calendario e, come in molti altri Paesi, viene celebrata la seconda domenica di maggio.
RESTO DEL MONDO
Su esempio americano, quasi tutti i Paesi del mondo hanno fatto propria la festa della mamma con modalità e date diverse.
Di seguito riportiamo una tabella che illustra la posizione occupata nel calendario dalla festa della mamma nei diversi Paesi del mondo.
· Seconda domenica di febbraio in Norvegia
· 30 Shevat (in febbraio) in Israele
· 3 marzo in Georgia
· 8 marzo in Bosnia, Serbia, Montenegro, Slovenia, Macedonia, Albania, Bulgaria, Romania
· Quarta domenica di quaresima in Irlanda e nel Regno Unito
· 21 marzo in Bahrain, Egitto, Libano, Siria, Palau, Giordania, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Marocco
· 7 aprile in Armenia
· Prima domenica di maggio in Angola, Ungheria, Lituania, Portogallo, Spagna
· 8 maggio in Corea del Sud
· 10 maggio India, Messico, Oman, Pakistan, Qatar
· Seconda domenica di maggio in Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, Cuba, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ecuador, Hong Kong, Italia, Giappone, Lettonia, Malta, Malesia, Paesi Bassi, Porto Rico, Nuova Zelanda, Perù, Filippine, Singapore, Sudafrica, Svizzera, Taipei Cinese, Turchia, Stati Uniti, Venezuela
· 26 maggio in Polonia
· 27 maggio in Bolivia
· 30 maggio in Nicaragua
· Ultima domenica di maggio in Francia, Svezia, Repubblica Dominicana, Haiti
· 12 agosto in Thailandia
· 15 agosto in Costa Rica
· Terza domenica di ottobre in Argentina
· Ultima domenica di novembre in Russia
· 8 dicembre in Panama
· 22 dicembre in Indonesia
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Alla mamma
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Che cos'è una mamma ( Francesco Pastonchi)
Rititì lo vuoi saper tu
Che cosa è una mamma?
Nessuno, nessuno dei bimbi lo sa.
Un bimbo nasce e …va.
Lo sanno, ma forse, ma tardi
quelli che non l’hanno più.
Rititì che pensi e mi guardi,
Rititì lo vuoi saper tu?
Una mamma è come un albero grande
che tutti i suoi frutti ti da:
per quanti gliene domandi
sempre uno ne troverà.
Ti da il frutto, il fiore, la foglia,
per te di tutto si spoglia,
anche i rami si taglierà.
Una mamma è come un albero grande
Una mamma è come una sorgente.
Più ne toglie acqua e più ne getta.
Nel suo fondo non vedi belletta:
sempre fresca, sempre lucente,
nell’ombra e nel sol è corrente.
Non sgorga che per dissetarti,
se arrivi ride, piange se parti.
Una mamma è come una sorgente.
Una mamma è come il mare.
Non c’è tesori che non nasconda,
continuamente con l’onda ti culla
e ti viene a baciare.
Con la ferita più profonda
non potrai farlo sanguinare,
subito ritorna ad azzurreggiare.
Una mamma è come il mare.
Una mamma è questo mistero:
tutto comprende tutto perdona,
tutto soffre, tutto dona,
non coglie fiore per la sua corona.
Puoi passare da lei come straniero,
puoi farle male in tutta la persona.
Ti dirà: "Buon cammino bel cavaliero!"
Una mamma è questo mistero.
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